Alcune consideriderazioni
Per gli indiani i tipi di personalità sono sette, corrispondenti ai tipi planetari, poiché l'astrologia sanscrita conosceva e utilizzava solo i sette pianeti, ossia i due Luminari (Sole e Luna), Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno. Per quanto si riferisce ai luoghi della precedente reincarnazione tenete presente che gli indiani dell'epoca classica conoscevano naturalmente solo una parte della Terra e le suddivisioni che ne dà il grande Varahamihira, l'astronomo e astrologo del sesto secolo che è l'equivalente del nostro Tolomeo, nella sua monumentale Brihat Samhita, risentono di questa conoscenza molto parziale. Così nel gioco proposto i nomi dei paesi che in antico gli indiani non potevano conoscere sono stati ricavati sviluppando le direzioni geografiche indicate dalle varie regioni dell'India: il nord-ovest dell'India indicherà cosi anche il nord-ovest del mondo, per esempio anche l'America del Nord, e così via. Quanto all'azione da compiere in questa vita gli indiani pensano che se essa obbedisce a una direttiva morale diventa dharma, legge positiva. Gli autori di questo gioco erano seguaci di una setta religiosa che preferiva la dottrina indiana della pravrtti, operosità, intervento attivo dell'uomo che può dunque modificare il suo
destino tramite delle azioni consapevolmente positive, a quella avversaria della nirvrtti, la salvezza attraverso la non attività nel mondo, la rinuncia. Queste sono le due grandi correnti del pensiero indiano circa l'atteggiamento dell'uomo di fronte al proprio destino così come gli viene proposto dagli astri all'inizio della sua vita e poi nei vari momenti della sua esistenza. Sé, insomma, come dice Amleto, "sia più nobile prender armi contro un mare di guai, e contrastandoli por fine ad essi", e nel pensiero indiano prender armi significa fare il contrario, correggere la sfortunata predisposizione degli astri rovesciando in positivo la propria azione, o ,se sia più nobile con un sonno dire che noi poniamo fine alla soglia del cuore, e alle mille offese naturali, che sono retaggio della carne: ed è questa la posizione del sadhu, dell'asceta che sceglie di abbandonare tutti i legami e tutte le emozioni. Il nostro gioco sceglie decisamente la pravrai, l'operosità. Esso dice, come tutti gli oroscopi indiani classici, cosa bisogna fare per evolvere. Dice James Hillman, il grande analista junghiano, parlando delle storie cliniche, che esse sono utili soprattutto perché ci danno una narrazione, un filo all'esistenza, liberano la nostra vita dall'importanza dei fatti e fattori esterni e ci donano la possibilità di riconoscerci nel disordine del mondo: la storia clinica è la storia del passato, e io credo che raccontarci anche attraverso un gioco una possibile storia del nostro passato ci aiuti comunque, anche se non sapremo mai se si tratta di storie "vere" a liberarci da quel doloroso senso di casualità, di essere scagliati nello spazio e nel tempo senza un perché e senza una finalità e una dignità di scelta, ci restituisca il dono supremo di una coerenza e di un significato della nostra vita, di adesso e di allora, passando dalla disperazione di un punto di vista solo casuale ed esteriore - gli indiani lo chiamano sthula, pensiero ottuso alla speranza di un'interpretazione più sottile, la suksma, sempre dei nostri fratelli indiani.